martedì 20 settembre 2016

La fine dello Stato.








"Parole per te" Foto Fares - Galatone, Salento, estate 2010. 







La fine dello Stato.  




Dopo 30 anni al nord finalmente "ero sceso al sud" e scoprì una cosa meravigliosa 
chiamata Salento; adesso è così strafottutissimamente frequentato che 
potrebbe sembrare non avere senso, ma il Salento ha sempre un grande valore, 
anche se dovesse diventare polvere rimarrà sempre qualcosa di speciale, 
i caraibi d'italia? Molto di più, lu Sule, lu mare, lu jentu. 
Un'esperienza completa, non ce la si scorda come uma triste giornata di pioggia 
o come l'inizio di "Via col vento"


Lu Sule, lu mare lu jentu. 

Il buono, il brutto, il cattivo. 

Il corto, il medio, il lungo. 


Un posto dove tornare. 

Un film da rivedere. 

Un post da scrivere. 


Una connessione tra un pensiero e due luoghi che apparentemente 
non hanno niente da condividere, a parte che stanno nello stesso mondo. 
Porto Cesareo e Maputo.


Estate 2010. 


Dal tetto del palazzo dov'ero ospitato godevo di una vista fantastica. 
Porto Cesareo, un sito tranquillo come una barca ormeggiata 
e cullata dalle onde. Godevo di una prospettiva speciale, 
una via pedonale tagliava in due il centro storico grande come una conchiglia 
e arrivava fino all'ultima torre. 
Oltre: il Mare e molto più in là l'Africa. 


"La fine dello Stato" pensai. 


L'Africa allora era solo un sogno. 
Già essersi avventurato a sud di Roma era un'avventura. 
Era un territorio nuovo, nessun contatto, nessuna amicizia, 
solo la volontà di inseguire un sogno e cogliere un'opportunità 
con un matto di 50enne musicista e imprenditore che aveva trovato un campo 
a trenta metri dalla spiaggia e dalle onde, 
dove fare un bar, dove bere, mangiare e godersi un concertone. 
Tutto questo senza avere fatto i conti con la burocrazia, 
con la Sacra Corona Unita (organizzazione criminale locale) 
e quell'incapace di un geometra, quel gran coglione. 


Estate 2016. 


Maputo, Mozambico. 
Dal mezzo dell'Avenida Eduardo Mondlane osservo la città, 
completamente mia. Sono le 23h e non c'è in giro nessuno. 
Sono il padrone di tutto e di niente. 
Guardo verso Ovest, le luci della strada si fermano in cima ad una collina. 
Oltre: sembra non ci sia nessun'altra strada, solo l'Africa profonda, 
tanto quanto l'universo. 
Volto lo sguardo di 180º a Est, la strada finisce con quell'ultimo lampione. 
Oltre: l'Oceano Indiano, forse incontriamo il Madagascar 
o è una tirata unica fino all'Oceania, ai koala e all'effetto boomerang 
di un'idea che torna sei anni dopo. 


E tu sei ancora qui, tra converse sulla defragmentazione della memoria, 
progetti con sempre meno difetti, con sempre più ambizione, 
massima concentrazione o da qui non ne esco più. 


Un titolo, un'idea che era rimasta tra le bozze. 
È per lei che torno in ufficio questa notte. 
Le guardie penseranno che sono matto, loro che sono costrette 
a starsene là fuori in attesa del niente. 
L'Avenida dopo le 23h è un deserto dei tartari. 
Io qui dentro con le dita rapide sui tasti, sempre più curvo, 
sempre più convinto. 
La musica incalza, ho anche trovato come dare un contributo in italiano 
ad un progetto rap che verrà cantato in francese, swazi, inglese e portoghese. 

Appunti per una rivoluzione. 

149 

Apro i messaggi e mi salvo quest'ispirazione. 
Entro dopo Queen Sheba che canterà in francese. 
Scena iniziale dal film "l'Odio" in lingua originale. 
"Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani..." 

Scene in bianco e nero. 
Il problema non è se un meteorite arriva de repente, 
il problema è dove non arriva ancora la tua mente.  

Appaiono i colori. 

Io con la rima adesso non pretendo aver ragione o questionare, 
voglio solo farti ragionare -incazzato- 
(intanto tento di accendere una motosega)* 
tutto questo bel pianeta non lo possiamo proprio sputtanare, 
in italiano ti dico k t devi troppo svegliare! 
Italiano tu ti devi troppo svegliare! 
Devi proprio startene zitto ad ascoltare 
- suono dei grilli - 
si divora di tutto, ma non per tutti, 
il giardino non è solo tuo...




Questa per la terra è una lotta sempre attuale, 
meglio k t fermi a pensare, 
piuttosto che continuare solo a correre e a consumare. 

T saluto con una ever green, 4ever hits: 
siamo tutti sulla stessa barca,**
nello stesso chapa, 
negli stessi beats. 


02:20 

"L'ora allo specchio" 

Ho una gran volgia di caffè ma mancano ancora 5 ore, 
il tizio del bar non s'è ancora manco svegliato, 
meglio che stacco e me ne vado, sono consumato. 

In testa vari “avrei potuto” ma non sono ossessionato, 
tanto non sarò mai un pensionato. 

A Porto Cesareo ci torno domani, 
senza aspettare le vacanze o altre scuse. 

Ho lasciato là un Capitano con la sua barca,
ero già il suo mozzo preferito.
Uscite sul filo dell’onda, a caccia di ricci,
birre fresche e farabutti, gettare l’ancora dove ti pare,
tuffarsi nell’acqua cristallina, allegro come un delfino.
Grande Giampi.
Grandi tutti.
E grande Nardò, che dell’Italia è il comune più esteso
e una Neretina mi conquistò il cuore tanto da lasciarmi ancora oggi sorpreso.


(*) "a pezzi" che non significa "dedicato alla mia amica Sara Pezzini" 
per gli amici "Pezzi" ma proprioproprio a pezzi, come il Nicaragua. 




(**) Siamo tutti sulla stessa barca, nello stesso chapa. 









La fine dello Stato. 









Dopo 30 anni al nord finalmente "ero sceso al sud" e scoprì una cosa meravigliosa 
chiamata Salento; adesso è così strafottutissimamente frequentato che 
potrebbe sembrare non avere senso, ma il Salento ha sempre un grande valore, 
anche se dovesse diventare polvere rimarrà sempre qualcosa di speciale; 
i caraibi d'italia? Molto di più, lu Sule, lu mare, lu jentu. 
Un'esperienza completa, non ce la si scorda come uma triste giornata di pioggia 
o come l'inizio di "Via col vento"

La fortuna sembrava giocare a favore, 
ero in un profondo Sud dove potevo finalmente respirare e vivere il Mare, 
dove conoscere altre tradizioni e altre convinzioni, 
un altro popolo ad arrichire questa grande varietà che si chiama Italia. 
Altri sapori, altre musiche, altre maniere di vivere l'amore. 





Dopo aver respirato dalla cima delle Alpi, 
dopo la pianura del Nord e la terra dei 7 laghi, 
dopo le vigne del Veneto, 
dopo i paesaggi pastellati del Trentino, 
dopo le arrampicate e le esercitazioni nel freddo Sud Tirol, 
dopo le creste seghettate della Liguria, 
con i budelli dei suoi paeselli, incastrati tra una costa sempre più erosa 
e le stazioni dei treni, piccole come presepi, 
dodicimila macchine in 4 metri quadri, 
dopo un cinema di San Remo, sentieri sporchi 
e parcheggi tanto rari 
come un ingegnere nucleare tra i pecorari, 
quanto trovare rubini in Valle d'Aosta, 
come incontrare Lorenzo Cherubini in una crociera Costa,
come trovare porcini in un'aerea di sosta, 
come non trovare fila alla Posta;  
dopo le colline e gli orizzonti infiniti in Toscana, 
dopo aver goduto per ore assangiando un sugo di cinghiale, 
dopo aver visto (per fortuna solo da lontano) che è grande tre volte un maiale, 
dopo aver visto (purtroppo) solo da lontano il Vaticano
da uno dei tanti giardini di Roma, 
dopo Bologna, Imola, Ravenna, Rimini e cicioli in una  piadina,
Marche e Abruzzo, belle più che mille foto da cartolina,
dopo aver vissuto il tropico di Sorrento, 
la poesia, i due Golfi, isole e palme, un vulcano, 
pezzi di cuore, baci al limoncello,  
scoprire un paradiso che si chiama Ravello, 
dopo una sortita a Palermo e "minkia che spiaggia" Mondello,
dopo aver visto l'Italia incorniciata da un'eurostar, 
dopo aver visto la Calabria incorniciata da un'interregionale, 
finalmente un aereo per  Brindisi 
e poi fino a Lecce lungo una statale. 






Da quel terrazzo approfitto per rifugiarmi nei miei pensieri, 
per crearne di nuovi, per lanciarli al vento e vedere se sanno volare, 
per scoprire una pittrice che usa la cabina del motore dell'ascensore 
come suo studio e atelier molto privè, 
per fumare da solo o in compagnia, 
per amoreggiare e per approfittare a fare qualche scatto in più, 
quei click che nella mente ti fanno avanzare di qualche posizione. 









Osservavo quella via che tagliava in due il centro, 
fino alla torre. E poi? Acqua, molta acqua, fino all'altro lato, 
dove tutto si gestisce in un'altra maniera, altri rituali, altre convinzioni.


"Certezze ed altre illusioni" già. 









La fine dello Stato. 



Kanimambo significa grazie
Beh, devo dire kanimambo anche al Salento 
e al mio ardimento
una forma di follia grano-duro e bio-carburante 
per malati di troppa vita, 
goloso come un orso con il miele, 
lanciatissimo verso qualsiasi nuovo interessante obiettivo  
che mi venga presentato. 
Sempre allegro e squattrinato, 
protetto da niente non vengo attaccato da nessuno. 
Sono il miglior show che potevo incontrare, 
di tutti i colori, aperto a tutto e super blindato, 
sono passato da x a y  
ho già smontato di tutto per costruire algo novo e differente 
tutto questo anche solo per intrattener la mia mente, 
normale che qualcosa te lo devo pur raccontare.   
   






Tutto quello che rappresenta il mio Stato, la mia Italia, 
svanisce là dove le onde bagnano il cemento. 

Proprio come in un disegno, la linea del molo 
è l'ultima a dare forma al mio bel Paese. 
 

Un confine che ad ogni onda si trasforma, 
si riscrive, 
si rimpasta tutto.   


Ti rinfresco le idee. 








E il mio popolo? Che grande mistura. 
Dopo i bei vestiti e tutti in coda in chiesa alla domenica 
e poi tutti in coda al ristorante, 
alla fine rimaniamo i soliti quattro ad un tavolino, 
o seduti lungo un muretto. 

Quello che succede a Roma va bene solo per questionare, 
per sfogliare le pagine del giornale, 
soprattutto se non puoi proprio cambiare canale. 

Tanti dolci, pasticcini, legame con l'infanzia. 
Giocare in cortile, pomeriggi luminosi, 
tra sorrisi complici, avventure, scorribande, legame con l'estate. 
Allegre scampagnate, 
osservare le onde quando sembrano stanche, 
perdersi ad ascoltare una musica diffusa dall'altoparlante, 
lasciarsi carezzare dal vento e scoprire che nessuno lo sa fare meglio di lui, 
passeggiare per ore lungo la costa, la sabbia scotta già alle dieci del mattino, 
la sabbia fresca tra le dita nelle ore notturne, il sapore di fare l'amore 
tra i profumi selvatici della vegetazione, il contrasto tra la delicatezza della sua pelle 
e il tronco vecchio e consumato di un pino marittimo.  
E io qui a godermi il presente, 
ma quale attimo fuggente? 
Sei anni dopo sento ancora quel profumo Mediterraneo. 


“Sono un punto esclamativo al centro del Mediterraneo,
niente di umano mi è estraneo.” Jova.


Devo ancora uscire da Maputo, devo ancora vedere molto, molto di più. 
Ma anche qui o ritrovato quella sensazione, guardare  verso la fine di una strada 
fino a quel lampione, tipo ultima stazione. 
Oltre: c'è solo quell'ultima casa, quel cornicione, 
quell'ultima striscia di sabbia tra un'Africa e un Indico, 
la fine di un'altra condizione per come la vivono qui, per come la conoscono, 
per come lo chiamano Stato. 


Devo ancora avventurarmi per miglia e miglia, 
sono sceso molto più a sud di quanto potessi immaginare, 
posso solo risalire.
Mi sto godendo quel momento di immersione, dopo il tuffo,
quando non hai ancora bisogno di respirare e riesci ad aprire gli occhi.
Prima di risalire,
prima di dover startene seduto per ore
mentre i motori spingono al massimo per staccarti da terra
ricordandoti che non abbiamo radici sotto ai piedi.
Molte spiagge dove passeggiare, 
ore e ore sotto all'ombrellone a leggere e a cazzeggiare, 
cazzi tuoi se te ne stai chiuso in un palazzone, 
ma per oggi l'unica spiaggia che ho in mente è il Salento, 
non c'è un'altra destinazione.  









La Luna sommersa. 



Il sogno con il delfino, 
trovare un euro nella sabbia, 
giocarsi il numero del delfino, 
il 48 su Bari... 

Vincere altre monete e arrivare fino a domani.  




L'isola.  







Come potevo immaginare che tra quegli ulivi, tra quelle tarante, 
avrei incontrato l'Amore e che l'avrei seguita fino a Lisbona?
Dove ho imparato a comunicare in Portoghese, 
dove mi sono ricordato della mia voglia d'Africa, 
dove mi si è aperto un altro mondo. 

Spesso a Lisbona, standemeno seduto al miradouro dell'Adamastor, 
guardavo vesto Ovest, oltre al ponte, oltre l'ultima sagoma di Trafaria, 
verso quella sottile linea dove l'Atlantico ed il cielo si fondono, 
pensando a quale spiaggia mi aspettasse dall'altra parte, dopo molta, molta acqua. 

Dopo aver lasciato l'Europa e qualsiasi altro continente, 
dopo aver dimenticato anche la terra, 
dopo aver perso qualsiasi riferimento. 




E pensare che un tempo qualcuno affrontò tutta quella distanza, 
scrisse una rotta e mille e una nuova storia, 
oggi faccio parte di uno di quei capitoli, 
l'incrocio tra le avenide è come uno spazio tra queste righe, 
um momento di sospensione. 

Quante volte per lasciarsi un problema alle spalle 
è bastato uscire di casa a passeggiare. 

Quante volte per cambiare vita è bastato allontanarsi 
di dieci chilometri. 

Quante volte ho già cambiato casa. 

Quante volte ho passato l'equatore 
come se stessi giocando a saltare la corda. 

Ma continuo a ricordarmi da dove vengo, 
cos'ero e cosa sognavo. Basta allontanarsi dalla costa 
che il mio paese, il mio Stato, scompare. 
Quelle luci in lontananza sono i ricordi impressi nella mia mente, 
ma tutto il resto svanisce. 







Siamo sullo stesso mondo, eppure una determinata posizione 
fa ancora molta differenza, per non parlare della tua lingua 
o peggio ancora di qual è la tua religione 
o quale sarà la tua dichiarazione.    


Le divise dei guarda-costa, dei capo-treno, dei capo-stazione, 
le divise dei traghettatori, dei finanzieri, dei carabinieri, 
le ambizioni di intere generazioni, gli articoli della Costituzione, 
il valore di ogni sacrificio e di ogni impresa, 
svanisce tutto dopo quel pontile, ultimo baluardo, 
e là rimane tutto appoggiato, la tavola ancora imbandita. 
Sono in tanti che vogliono ancora mangiare. 
Io lascio il mio posto, sono libero di andare a fare in culo dove mi pare. 


Qui in Mozambico c'è un posto che si chiama Vilankulo, 
ecco, forse ci sono, apro una finestra (su google) e do un'occhiata. 








Dobbiamo imparare dalle nuvole a star leggeri,
sorvolare mari e monti, sconfinare senza pensieri, 
cambiare direzione con il vento e non come si fa in parlamento.  

Ma come meravigliarsi di questa razza umana? 
Abbiamo già venduto di tutto piazzandolo all'asta. 






Foto Fares dall'album 


e altri album di foto sul Salento.






Guardo cosa mi è rimasto in tasca: 
tanta Storia, strade, piazze, vecchi, bicchieri di vino, 
carte da scopa ingiallite, sigarette smarrite, vespe arrugginite, 
cani, nipoti, Santi e Patroni, amuleti, scaccia-pensieri, 
e mille fantasie innocenti, che bastava una tovaglia al vento in terrazzo 
per volare via come con una barca a vela veloce come un razzo.  


Da qualsiasi tetto ho sempre procurato guardare lontano, 
scrutare l'orizzonte, dominare la vista, vederla tutta la città, 
conoscerla davvero. Addentrarsi sempre più. 

"Respiro la città 
con tutto quello che c'è attorno" ... 
Stokka e Madbuddy - Ghettoblaster 

La città sa essere più misteriosa di una giungla, 
se non sono pareti sono lamiere, 
se non sono scantinati sono altri strani posti 
che non si capisce come siano diventati abitati. 

I nostri paesaggi si trasformano, 
lasciate molte necessità primordiali 
adesso appare più evidente la nostra ironica follia collettiva 
di vivere credendo alle pubblicità
e la nostra grande capacità di distrazione. 

"La Vita è tutto ciò che accade 
mentre parliamo di altro." 
Oscar Wilde


Distrazioni di massa. 



Ma oggi non ci sono più difese, 
non ci sono muraglie, castelli o altre protezioni. 

Oggi la lotta è con la nostra percezione dello stato delle cose. 




 La fine dello Stato. 






 

Da Nazione a Corporazione. 





Stavo nel mezzo di una conversa tra intellettuali mozambicani e portoghesi, 
alcuni universitari, due giornalisti e amici. Ad una certa la duscussione 
vira su come la cultura Portoghese sia entrata de repente interrompendo 
determinati usi e costumi, dal suono e dalla pronuncia di nomi e parole 
all'unificazione con la lingua portoghese nell'interesse di costruire una Nazione 
e avanzare di qualche posizione nel gioco del Mondo.  


Era interessante ma non mi suonava nuovo.
Quei vecchietti simpatici in Salento mica parlavano in italiano
E manco ti capiscono se non gli parli piano.

È in corso un qualunquismo globale organizzato.
Ci mettono tutti sullo stesso piano,
ma nel piano di chi?

L’identità è già solo un dato registrato.


Ma nonostante le frustrazioni e gli insuccessi,
io ho ancora bisogno della mia Nazione, soprattutto rispetto
ad una Corporazione, che pensa solo ai profitti, e ci pensa un pò troppo.

L’hai sentita quella degli avvocati delle Multinazionali?
Pronti ad avere nuove leggi per poter attaccare anche la sovranità delle Nazioni
se interferisce con i loro piani di guadagno e con le loro ambizioni.
Ma chi gliele ha fatte passare ste proposte?
È per agevolare il mercato giudiziario e inventarsi casi nuovi?
Oppure è un segnale serio che le multinazionali 
sono così potenti ed influenti da essere pronte a sostituirsi alle Nazioni. 

Privatizzare tutto = dare in mano ad un imprenditore. 
Certi diritti e servizi non li voglio affidare 
a uno che pensa al guadagno in un’epoca di tagli.
Non ci gioco e non ci scherzo come se fossimo al Casinò.
Bordello Royale, confusione mondiale.

Ma bluffare non ci porta lontano.
Un popolo che bluffa a poker
Non può molto contro un popolo che gioca a scacchi.


Vediamo le carte.


Le stelle le vedrai per la botta,
le strisce sulle chiappe è perché cadendo dalla padella alla brace
sei caduto sulla griglia rovente, deficiente!


Qual è il prezzo per l'errore di fidarci di un sistema artificiale? 
No grazie, passo. 

Ci vogliono tutti rincoglioniti a reti unificate,
per mescolarci bene come carte. 

Suca! 

Io mi tengo il mio Stato, anche se a pezzi e impolverato,
mi va bene anche la vecchia versione in bianco e nero, tanto è un classico,
tutto quello che conta sembra dimenticato tra le bancarelle al mercato,
venduto a due soldi alla fiera dell’est.
Si può recuperare ancora molto di quello che eravamo e che avevamo. 



Safari da bancarella.







  



La fine di questo post.






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